Tema prettamente etico quello trattato ieri sera nel corso della riunione settimanale del Rotary Club Cosenza Nord, all’Italiana Hotels, dove su “Coscienza ed Indifferenza non possono coesistere” ha tenuto la propria conversazione il Past President Gianfranco Marcelli.
In apertura dei lavori, la Presidente Elena Scrivano e il Club tutto hanno salutato l’ingresso di una nuova socia, la professoressa Teresa Bianco, stimata docente del Liceo Classico Bernardino Telesio di Cosenza, presentata dal Past President Silvio Maletta.
Quindi, la parola è passata al relatore. Attraverso un excursus dal XVII secolo, quando con Cartesio il termine coscienza acquista il significato di “consapevolezza soggettiva”, passando per Kant con l”io penso”, e poi attraverso l’”io assoluto” di Fichte, il relatore è giunto +alla distinzione tra conoscenza come conoscenza del mondo esterno ed autocoscienza dell'uomo consapevole di se stesso. Passando all'epoca contemporanea, Marcelli ha evidenziato, tra l'altro, le diverse concezioni espresse da due grandi uomini della Chiesa. Per Giovanni Paolo II -ha ricordato il relatore- “L’uomo non può da se stesso decidere ciò che è buono e ciò che è cattivo…” Quasi rivoluzionario in proposito appare oggi il pensiero di Papa Francesco, che ad una domanda di Eugenio Scalfari risponde: Ciascuno di noi ha una sua visione del bene e anche del male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il bene”. Ma allora la coscienza è soggettiva o trascendente? Comunque sia, il cammino per un rotariano non può che essere a senso unico: “La nostra - dice Marcelli- è una postazione privilegiata nella società, abbiamo tutti un livello culturale adeguato ad affrontarne le tematiche più importanti, siamo tutti portatori di esperienze qualificate, sentiamo tutti la necessità di allargare gli orizzonti della nostra conoscenza, quindi della nostra consapevolezza, quindi di arricchire la nostra coscienza. Persone che hanno queste caratteristiche e che costituiscono, sono sicuro, la maggioranza dei rotariani, non potranno mai essere sopraffatti dall’offuscamento dell’”abitudine”. Dunque, coscienza come antidoto non solo al male ma anche a indifferenza, abulia, abitudine. Marcelli cita Oriana Fallaci: “L’abitudine è la più infame delle malattie, perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. Per abitudine si vive accanto a persone odiose, si impara a portare le catene a subire ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto.” E, poi, Antonio Gramsci: “Odio gli indifferenti … L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita … L’indifferenza è il peso morto della storia.” “Dobbiamo -sostiene infine Gianfranco Marcelli- far sì che le nuove generazioni siano portatrici di cultura e non di povertà di coscienza e di indifferenza per ciò che accade fuori dalle mura dell’antica città. Per fare ciò è necessaria una autocritica anche feroce.” La serata si è conclusa con il coinvolgimento dei soci nella lettura di una serie di significativi aforismi scelti dallo stesso relatore. Eccone alcuni: Il peggior peccato contro i nostri simili non è l’odio ma l’indifferenza: questa è l’essenza della mancanza di umanità (George Bernard Shaw). Non ho paura della cattiveria dei maligni ma del silenzio degli onesti (Martin Luther King). Il mondo non è minacciato dalle persone che fanno il male, ma da quelle che lo tollerano (Albert Einstein).